• Pubblicata il
  • Autore: Oldslave
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Una sosta prolungata - Venezia Trasgressiva

Il mio lavoro mi costringe a stare molto spesso in auto, macinando migliaia di chilometri al mese, girando in lungo e in largo tutto il centro Italia. Sono un rappresentante di una nota ditta di abbigliamento, e visito periodicamente tutti i miei clienti, gente molto spesso esosa ed odiosa, ma questa è un'altra storia. Comunque c'è un cliente che li batte tutti, un tipo altezzoso e pretenzioso, incontentabile e sgarbato, e ogni volta che devo andare al suo negozio mi sento a disagio, forse anche perché mi sento totalmente dominato dal suo modo di fare, dal suo atteggiamento così vessatorio nei miei confronti. E lui è consapevole di questo fatto. Davanti a lui io non riesco neanche ad alzare la testa per guardarlo nel viso, tengo sempre gli occhi bassi sul copiacommissioni mentre scrivo il suo ordine. Lui si diverte come il gatto con il topo, cercando sempre di mettermi in difficoltà con domande strane e qualche volta un po' allusive sul mio atteggiamento così passivo nei suoi confronti, ma la cosa è sempre finita lì, compilato l'ordine saluto e me ne vado in tutta fretta, desideroso di allontanarmi. E' andata così per lungo tempo, fino a che un giorno sono entrato nel suo negozio con lo stimolo di urinare. "Va beh, posso resistere, la faccio quando esco", ho pensato, e ho cominciato il mio lavoro senza eccessive preoccupazioni. Dopo un po' lo stimolo è aumentato parecchio, e anche se un po' restio, sono stato costretto, timidamente, a chiedere l'uso del bagno che ha sul retro del negozio. "Vieni", mi dice, "ti mostro dov'è", con una espressione facciale indecifrabile, ma che non avevo mai visto in anni di visite. Il bagno è molto più ampio di quello che avevo pensato, un vero bagno come quelli di casa, con lavandino, bidet e anche un angolo doccia chiuso con una tenda. Ringrazio e chiudo la porta, ma la chiave non c'è. La cosa non mi preoccupa, allargo le gambe davanti al Water, abbasso la cerniera dei pantaloni e mi rilasso, espellendo un bel fiotto di pipì. Aaahhh... che piacere svuotarsi completamente.
"Sai che scappa anche a me vermiciattolo?", mi sento sussurrare all'orecchio. Mi si ghiaccia il sangue. Il bastardo era rientrato silenziosamente nel bagno e mi stava attaccato alle spalle, strusciando sul mio culo il suo pene in completa erezione. "Ma... signor...che vuole fare?" farfuglio confusamente, incapace di reagire alla situazione. "Ora lo vedrai... spogliati completamente" mi ordina senza mezzi termini. Cado in una totale sottomissione, succube della sua prepotenza, totalmente remissivo. Non so spiegarne il motivo, ma devo obbedire a lui, il padrone della mia volontà. La stanza fortunatamente è riscaldata, quindi inizio a togliermi le scarpe e i vestiti, sempre ad occhi bassi, senza mai guardarlo. Lui era entrato in bagno già nudo, e mentre mi spoglio si mena il bel cazzo turgido e duro, con una bella cappella gonfia. Aveva capito da molto che ero uno schiavo passivo, ma non era mai capitata l'occasione giusta. "Siediti sul piano della doccia, svelto" mi dice, e io lo faccio subito. Non faccio in tempo a sedermi che mi arriva in faccia un rigagnolo di piscia. A causa dell'erezione, la pipì passa a fatica dall'uretere e ne esce poca, ma la cosa dura a lungo. "Apri la bocca verme, bevi tutto, forza". Mentre gli faccio un pompino bevo tutta la piscia che mi entra in bocca, per un minuto o forse più. Ho sempre saputo di essere remissivo nei confronti di un carattere forte, e una cosa come questa non mi era mai capitata, ma mi piaceva, altroché se mi piaceva. Finito di pisciare prende una coperta da un armadietto e la stende al centro della stanza, mi fa sdraiare e mi infila subito un piede in bocca. "Dai troia, lavami i piedi, lecca bene anche tra le dita". Gli lecco i piedi per bene, passando e ripassando, succhiando i pollicioni e le altre dita, poi mi prende la testa e se la porta al culo, mettendosi a pecorina. "Fammi un bel bidet, maiala". Lo slinguazzo tutto, culo, palle e cazzo.
"Apri la bocca ora". La apro subito, come un pulcino affamato, e ci fa colare dentro un grosso sputo. "Ingoia troia!!" Mi piace il suo sapore, di maschio e tabacco. Già da molti minuti mi sto sditalinando il buchetto e adesso è così fradicio che il muco mi cola nella mano. Sto mugolando mentre lo lecco, e allora senza tanti complimenti mi gira di peso e me lo infila dentro, mi chiava come una puttana in calore, poi me lo toglie dal culo e me lo rimette in bocca. Nel cazzo vedo alcuni frammenti dei miei escrementi, ma lui con un sorriso sadico mi guarda e mi dice: "Puliscilo bene bene e non azzardarti a sputare, o per te sono guai". "Come desideri padrone", rispondo con un filo di voce. L'operazione si ripete alcune volte e ogni volta ripulisco il pene perfettamente. Pago della mia totale sottomissione, mi infila il suo cazzone per l'ultima volta, sbattendomi violentemente come un misero pupazzo, fino al momento culminante, quando esce e mi urla di aprire la bocca. Quattro, cinque schizzi abbondanti, un paio dei quali sulla mia faccia e gli altri direttamente in gola. Sento il mio padrone che gode allo spasimo, dopodiché si abbassa, mi guarda e con un dito porta alla mia bocca lo sperma fuoriuscito. "Tira fuori la lingua, lecca tutto il mio yogurt". Lecco tutto avidamente, ne vorrei ancora, molto, molto di più.
"Brava troia, adesso fatti una doccia e rivestiti, ti aspetto di là, sbrigati". Mi faccio la doccia e insieme anche una sega, visto che non ero ancora venuto e a lui non era minimamente importato. Dopo un po' sono di nuovo nel negozio, io sempre con lo sguardo chino sul bancone, allora lui mi alza la testa con un dito e mi dice: "Ricordati bene, questo è il nostro segreto, da ora in poi questo è quello che ti capiterà ogni volta che verrai qui da me, capito?". "Certo signor padrone, farò tutto quello che desideri, sempre".
Non vorrei sbagliarmi, ma mi pare di passarci sempre più spesso. Forse non mi sbaglio.

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